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Dolore Paterno: due filtri, e in più non è simultaneo al
male che mi faccio. Il dolore Paterno scorre gradualmente.
Per almeno due filtri deve passare:a) la mia coscienza
b) la mia esistenza egoisticizzata.
Il dolore finale sorpassa il male; mai simultaneo al male, ma sempre successivo.

Dal medico dell’amore va l’ammalato che sente il male e ne prova dolore. Ci siamo lasciati condurre da una guida
infallibile qual è il dolore fisico, per comprendere meglio
il dolore Pneumatico. Il primo è una realtà, ma non è a sé
stante; è una realtà che è in funzione e al servizio della
seconda: il fisico ci parla del Pneumatico. Ci parla con una
chiarezza ed una eloquenza efficacissima.
È un mirabile segno profetico. Non sempre noi ci lasciamo
istruire e catechizzare da un segno così sensibile e personale,
ed universale.
Ne abbiamo cercato la provenienza. Ci viene dal Padre. È
Lui che sente il male che mi faccio all’amore; è Lui che ne
prova dolore. Lui me lo passa. In blocco, non è possibile,
ma lo può solo gradualmente. Non soltanto perché non
sarei capace di portarne il peso, ma perché deve passare
per almeno due filtri:
1) Ce n’è uno che è la mia coscienza visuata. Mi va in crescita
continua, e la sua crescita mi consente un passaggio
di dolore crescente. Il Padre non forza la sua crescita.
2) C’è anche un altro filtro: è dato da tutta la mia esistenza
con tutta la sua efficienza che mi dà sicurezza. Una
esistenza piena di sentire lascia filtrare poco dolore.
Man mano che l’esistenza procede verso lo svuotamento
di sé, il passaggio del dolore Paterno trova sempre meno
resistenza. Quando poi l’umana esistenza si avvia nella
malattia, nel dolore e nell’agonia, alla sua conclusione,
riducendosi alla sua squallida, isolata e desolata nudità
esistenziale, allora il dolore Paterno può irrompere in tutta
la sua pienezza, la sua forza, permeare tutta la persona
diventata e provocare in essa un sentire dolorante così
pieno, totale e sincero, da conquistare a salvezza finanche
la persona più perversa.
L’agonia cosciente: terreno pronto al sentire Paterno dolorante.
Quanti ne salva il Padre col dolore che fa scorrere
nell’agonia fisica!
Noi però ora non puntiamo a questa valenza estrema, perché
non ci viene garantita da nessuno; una morte improvvisa
è possibile a tutti, anzi, oggi è costume il desiderarla
e invocarla anche da Dio, per non dover assaporare l’amarezza
di quella condizione.
Anche se l’avremo cosciente, per noi sarebbe un calcolo
sbagliatissimo. Prepariamoci al dolore finale, e vi sarà un
dolore viale: si accresceranno così le garanzie di salvezza
per noi e per coloro che possono disporre del solo dolore
finale. Il Padre passa a me il suo dolore; me lo passa gradualmente,
ma non simultaneamente.
Nel Padre il dolore scoppia nell’istante in cui ci facciamo
male all’amore. In Lui è simultaneo, ma non in me. In me
è successivo.
Ci soccorre ancora il segno per capire il profetico. Quando
io mi faccio un male violento ad una mano, quel colpo fulmineo
porta via la sensibilità alla parte colpita.
Un pezzo di carne è penzolante, io me la strappo e non
sento niente.
Al rientro delle sensibilità mi va gradualmente scoppiando
il dolore. Il male all’amore me lo faccio sempre violentemente.
Il piacere mi atrofizza la sensibilità della coscienza:
non ne posso sentire dolore immediato, soprattutto se
il peccare occupa uno spazio di tempo.
Man mano che la coscienza riprende la sua sensibilità, io
incomincio a provare il dolore del male che mi sono fatto.
Dolore non simultaneo, ma successivo.
Nel soffrire il Padre mi precede; lo vorrei almeno seguire?

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